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Occupazione in calo, precarizzazione del lavoro, offerta ospedaliera in declino e nuovi contesti occupazionali in crescita, come Rsa e servizi assistenziali sul territorio. I rischi incombenti: perdita delle capacità lavorative, rinuncia alla professione, emigrazione. È il quadro che emerge dalla ricerca del Centro studi Nursind su «Andamento dell’occupazione infermieristica in Italia dal 2003 al 2013». L’analisi è basata su un sondaggio che ha coinvolto circa 2mila infermieri. Pur se lo studio è rappresentativo solo del 2% del totale, i risultati offrono uno spaccato sulla realtà che il nursing sta vivendo a livello nazionale.
L’anno di svolta è il 2010. Considerando lo stato dell’occupazione a un anno dalla laurea, negli anni 2003-2009 i valori si mantengono intorno al 90%. La tendenza al ribasso parte dal 2010 con l’84% per proseguire in caduta libera negli anni successivi (66% nel 2011, 56% nel 2012, 30% nel 2013) fino al 25% registrato nel primo quadrimestre del 2014.
Non a caso dal 2010 i neolaureati piuttosto che vivere da infermieri disoccupati accettano anche altri lavori, come risulta anche da dati AlmaLaurea che, nello specificare il settore di occupazione a 1 anno dalla laurea, riporta un decremento di occupazione di 20 punti percentuali dal 2008 al 2013 nel settore sanitario, a favore di industria, artigianato, agricoltura e altri servizi. Al Nord l’anno in cui la disoccupazione (57%) sorpassa l’occupazione (43%) è il 2013. Al Centro la situazione è critica già dal 2009 con il 25% di disoccupazione che cala nel 2010 al 9% per poi riprendere a crescere nel 2011 al 27%, al 58% nel 2012, arrivando al 76% nel 2013.
Nelle Isole si registra il primo aumento consistente della disoccupazione nel 2010 con il 25% che diventa il 36% nel 2011, il 55% nel 2012 fino a schizzare al 96% nel 2013. Al Sud la disoccupazione è già critica nel 2009 con il 16%, migliora leggermente nel 2010 per poi risalire al 40% del 2011, al 75% del 2012 e all’81% del 2013.
Le Regioni più «difficili» per gli infermieri non sono necessariamente quelle in piano di rientro: nel 2013 la disoccupazione maggiore si trova in Sardegna ma anche nelle Marche. Le regioni in cui gli infermieri trovano più facilmente lavoro sono la Lombardia con il 25% di disoccupazione, il Friuli con il 26% e l’Abruzzo al 36%. Tutte le altre sono sopra la soglia del 50 per cento. Le situazioni più drammatiche si registrano al Centro-Sud già nel 2012 con il 94% della Campania e il 75% del Lazio. Nel 2013 le Marche e la Sardegna raggiungono il tetto del 100% di disoccupazione seguite dalla Sicilia al 95% e la Puglia al 91 per cento.
«Con la crescita esponenziale del fattore disoccupazione – spiega la ricerca Nursind – si comincia a registrare il fenomeno della rinuncia alla professione dal 2010, con la scelta di altre occupazioni pur di lavorare». Non si tratta di valori alti (tra l’1 e il 6%) e riguardano particolarmente il Nord e il Centro dove altre opportunità lavorative sono più disponibili a differenza che al Sud e nelle Isole. Tuttavia nel 2013 si assiste a un calo del fenomeno ma che potrebbe essere dovuto all’incidenza della crisi economica che rende difficoltoso anche al Centro-Nord trovare altre occupazioni.
La carenza di sbocchi lavorativi genera anche il timore della perdita di capacità professionale: l’8% ritiene che non succederà mai. Sommando chi ha risposto che entro l’anno perderà le capacità, la percentuale schizza al 56%. Il 7% entro due anni e il 3% nei tre anni. Il 26% non ha idea.
Anche chi trova un lavoro, difficilmente trova la stabilità economica. Ipotizzando un totale di 126.000 neolaureati dal 2003 al 2014, il 74,8% di loro pari a 94.248 risulta essere ancora precario contro i 31.752 assunti definitivamente.
Se nel 2003 prevalevano i contratti a tempo indeterminato per il 93%, gradatamente la percentuale si riduce fino a pareggiarsi nel 2010 e a invertirsi nel 2013. Per i dati disponibili relativi solo al primo quadrimestre del 2014 assistiamo a un timido ritorno ai contratti di tipo stabile.
Gli andamenti sono differenziati tra pubblico e privato: «Raffrontando gli stessi dati ma distinti tra pubblico e privato – si legge nello studio – si evince che a differenza del pubblico dove si è perseguita una crescente politica di contenimento e dei tagli alla spesa del personale e alla conseguente precarizzazione del personale, il settore privato ha seguito altre logiche negli anni, più confacenti al mercato e ai suoi andamenti ciclici».
Disoccupati disposti a spostarsi. Eppure tra i disoccupati la disponibilità a lasciare la propria Regione pur di trovare lavoro sale nel corso degli anni: dal 66,7% del 2008 fino a raggiungere livelli del 98,1% (laureati nel 2012) per poi decrescere lentamente all’87,5% del 2014. In tanti sono anche pronti a cambiare Paese, con una disponibilità a emigrare in crescita costante dal 2009. Tra i disoccupati sono più disposti a emigrare gli infermieri del Sud (43%) rispetto al Nord (16,1). Anche tra gli occupati vi è una buona propensione a fare le valigie. «In questo caso – spiega il Nursind – le forti aspettative sono legate a maggiori retribuzioni legate a un riconoscimento sociale della professione più evoluto rispetto all’Italia».
Precariato in salita. Considerando tutti gli infermieri che hanno trovato lavoro dal 2003 al 2014, il 57% ha trovato lavoro a tempo indeterminato di cui il 3% a part time; il 43% a tempo determinato di cui l’8% a part time. I precari sono quindi il 43% per un totale di 616 rispondenti.
Da sottolineare che l’andamento della tipologia dei contratti stipulati negli anni indica che il tempo indeterminato ha prevalso di gran lunga fino al 2008 con una media del 72%. Negli anni successivi però la linea si porta decisamente verso il basso fino ad arrivare al 16% del 2013.
I contratti di lavoro a tempo determinato (precari) hanno invece un andamento di crescita costante a partire dal 19% del 2005, raggiungono il picco del 50% registrato nel 2011 per poi discendere al 44% nel 2012 e al 41% nel 2013 divenendo la tipologia di contratto più utilizzata. Interessante l’andamento dei tempi determinati part time, pressoché inesistenti fino al 2010, aumentano in modo esponenziale nel 2012 al 28% e al 43% nel 2013 superando di 2 punti i tempi determinati full time e conquistando il primo posto per tipologia di contratti stipulata.
«Il fenomeno – spiega il Nursind – è legato all’imponente sviluppo negli ultimi due anni delle Cooperative socio-sanitarie che prediligono come tipologia di contratto il part time, andando decisamente contro corrente». Il pubblico si ridimensiona. «Riguardo al tipo di azienda in cui si è stati assunti – si legge nella ricerca – i valori complessivi mostrano una realistica rappresentazione dell’evoluzione del sistema sanitario dell’ultimo decennio, con un ridimensionamento del pubblico a favore di cooperative, società di somministrazione e partite Iva».
Nel dettaglio degli anni, fino al 2009 si assiste a una figura speculare dell’andamento delle assunzioni tra aziende pubbliche e private, dimostrando che quando assumeva il pubblico si riducevano proporzionalmente le assunzioni nel privato. La figura speculare si interrompe a partire dal 2010 dove cominciano a prender piede le cooperative che dal 9% balzano al 29% nel 2013 conquistando il primato delle assunzioni. L’offerta pubblica resta prevalente con una media del 78% fino al 2008 per poi scendere decisamente fino al 15% del 2013. A oggi è penultima in classifica appena sopra le Società di Somministrazione lavoro che coprono il 10% delle assunzioni e che pur coprendo fette poco consistenti del mercato del lavoro, registrano una crescita del 66% tra il 2012 e il 2013. La partite Iva, quasi inesistenti fino al 2009, salgono lentamente la china attestandosi al 18% del 2013.
Il declino dell’offerta ospedaliera. Il 68% è occupato presso strutture ospedaliere, il 19% presso le residenze assistite (Rsa), il 5% sul territorio (Adi) e l’8% non si ritrova in nessuna delle tipologie precedenti.
Sviluppando il grafico nel tempo, si assiste al lento declino dell’offerta ospedaliera del mercato del lavoro dei neolaureati che scende dal 90% del 2006 al 24% del 2013. All’opposto, cresce l’offerta delle strutture residenziali che supera l’ambito ospedaliero nel 2012 con il 51% mantenendosi al top anche nel 2013 pur regredendo al 41%. In aumento l’occupazione nei servizi assistenziali sul territorio e altre tipologie.