1 MAGGIO 2020
Category : Notizie
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“Tanti proclami ma pochi fatti. La Regione cavalca l’onda della glorificazione degli infermieri, e di tutti gli operatori sanitari impegnati in prima linea nella battaglia al Covid- 19, ma non si adopera realmente per individuare le strutture alberghiere, nelle città di Sassari, Nuoro e Cagliari dove sono operativi i Covid Hospital, per far trascorrere il periodo di isolamento a positivi asintomatici, e a chi deve rispettare la quarantena ma non può rientrare nel proprio domicilio per il pericolo di entrare in contatto con i familiari: ovvero infermieri e medici”.
A denunciare la situazione che si protrae ormai da 50 giorni è Christian Cugusi, dirigente sindacale NurSind dell’AOU di Cagliari.
Il pericolo dell’isolamento domiciliare. “Le statistiche parlano chiaro – ha proseguito Cugusi – l’isolamento nel proprio domicilio non funziona, anzi espone i congiunti a un grave rischio di contagio, e presuppone l’utilizzo di un bagno riservato, nonché la sanificazione continua degli ambienti comuni, di biancheria, stoviglie e indumenti, e tutto viene ulteriormente complicato dalla presenza di bambini che spesso sfuggono al controllo dei genitori. Negli ultimi giorni si sono moltiplicate – da parte degli infermieri – le richieste di aiuto in tal senso, senza ottenere risposta da parte delle Amministrazioni delle Aziende Sanitarie”.
Nessun alloggio per il personale sanitario. “Dopo tutte le promesse fatte dal Presidente della Regione Solinas e dall’assessore della Sanità Nieddu, ancora oggi – prosegue il dirigente sindacale – alla richiesta di alloggio da parte del personale sanitario, l’amministrazione dell’AOU di Cagliari, risponde di non avere a disposizione nessun locale idoneo a tal fine, asserendo di aver richiesto alla presidenza della regione Sardegna la disponibilità di almeno 30 alloggi senza aver ricevuto alcuna risposta. Ancora, sono stati vani i tentativi di ottenere rassicurazione da parte della protezione civile, che si è limitata ad acquisire i nominativi e i recapiti telefonici dei richiedenti, senza poi contattarli.
Ancora una volta, gli stessi infermieri che venivano osannati quali eroi e salvatori della patria, oggi sono stati dimenticati e abbandonati dalla politica, regionale e nazionale che ci ha riservato la misera elemosina di 100 euro a dipendente, quale gratificazione per il servizio svolto nel mese di marzo, e neppure mai intascati dagli operatori”.
Il caso del policlinico di Monserrato. “Emblematico l’episodio verificatosi il 28 aprile nel Policlinico di Monserrato, quando una paziente è stata confermata positiva all’interno del reparto di chirurgia del blocco G. Il personale sanitario che è entrato a contatto con la paziente – racconta Cugusi – è stato prontamente messo in isolamento domiciliare fiduciario, e questo fino all’esecuzione del tampone, che non potrà avvenire prima del quarto giorno dal contatto, per una maggiore attendibilità dell’esame.
Si capisce allora che potrebbero essere ben più gravi le conseguenze – per infermieri e operatori sanitari sottoposti a isolamento preventivo per quattro giorni – qualora venissero confermati positivi al Covid 19: per loro scatterebbe inevitabilmente la quarantena obbligatoria per almeno 14 giorni in alloggi di fortuna, per preservare la salute e l’incolumità dei propri familiari. Chiediamo per questo un tempestivo intervento della Regione, perché non si può attendere oltre”.
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RISOLUZIONE N. 18/E
del 09/04/2020
In base all’articolo 63, comma 1, sopra citato «ai titolari di redditi di lavoro dipendente di cui all’articolo 49, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che possiedono un reddito complessivo da lavoro dipendente dell’anno precedente di importo non superiore a 40.000 euro spetta un premio, per il mese di marzo 2020, che non concorre alla formazione del reddito, pari a 100 euro da rapportare al numero di giorni di lavoro svolti nella propria sede di lavoro nel predetto mese»….. continua
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“Omissione di idonee misure di contenimento del contagio, del monitoraggio degli operatori sanitari positivi (tamponi), e insufficienza dei dispositivi di protezione”.
Si legge questo, in estrema sintesi, nella lettera di diffida che il NurSind, sindacato delle professioni infermieristiche, scrive e indirizza alla Regione, alle Aziende ospedaliere, e per conoscenza anche al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio e al Ministro Roberto Speranza.
“Il Coordinamento Regionale NurSind Sardegna – ha detto il rapprsentante Fabrizio Anedda – tramite le singole segreterie provinciali dell’isola, ha ricevuto innumerevoli segnalazioni da parte del personale sanitario sull’omissione di idonee misure per il contenimento del contagio, presso le strutture sanitarie regionali e provinciali, e in particolare sull’omissione del monitoraggio dei sanitari positivi, oltre l’ormai accertata insufficienza o assenza di DPI.
In tutta la Sardegna si registra l’assoluta insufficienza dei dispositivi di cui i professionisti devono essere assolutamente e necessariamente dotati per prevenire il contagio da coronavirus: visiere facciali, scafandri, sovracamici impermeabili, mascherine FFP2-FFP3, occhiali a ventosa, guanti lunghi, calzari lunghi, mascherine chirurgiche e disinfettanti idonei al lavaggio e disinfezione mani.
In sintesi direi che si omette così di assicurare le tutele contemplate dal D.lgs 81/2008, riguardante la sicurezza sui luoghi di lavoro“.
Le mascherine, la violazione delle norme. Nella lettera un paragrafo è interamente dedicato alle (ormai famose) mascherine, simbolo della protezione di base, e si sottolinea che “le singole Aziende non possono limitarsi alla distribuzione delle “mascherine filtra batteri” il cui utilizzo non è atto a proteggere dal rischio di contagio il personale sanitario che si trova in contatto con pazienti, che potrebbero eventualmente essere affetti da Covid-19, virus almeno 100 volte più piccolo di un normale batterio. Non a caso lo stesso Ministero della Salute – con circolare 5443/2020 – prescrive l’uso di mascherine del tipo FFP2 e FFP3”. Ecco perché il sindacato rileva la violazione delle norme e la rilevanza penale delle condotte omissive dei responsabili e dirigenti delle singole Aziende che potrebbero integrare gli estremi dei reati di cui all’art. 452 c.p., per colposa diffusione dell’epidemia e degli artt. 582 per tentate lesioni e 589 per omicidio colposo)”.
Appello al Presidente della Regione e all’assessore della Sanità. Il sindacato chiede che la Regione intervenga senza indugio nell’organizzazione e apertura di Laboratori idonei a effettuare test diagnostici in numero sufficiente alle necessità del personale sanitario dell’intera Regione, e a controllare e vigilare che in tutte le Aziende sanitarie regionali vi sia il rispetto della normativa di emergenza.
“Nella lettera che abbiamo inviato – ha proseguito Anedda – chiediamo il rispetto puntuale della normativa di riferimento specie in questo contesto emergenziale, ma soprattutto che vengano adottate adeguate misure di contenimento del contagio.
E’ necessario che vengano richieste con urgenza e senza ulteriori ritardi i test diagnostici Covid-19 per tutto il personale che ha comunicato contatti stretti con casi confermati: questa è l’unica misura oggi efficace per il reale contenimento del contagio e a tutela della salute dei lavoratori, dei pazienti e di tutti. Banalmente stiamo chiedendo a gran voce che venga garantito il nostro diritto alla tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro. A questo punto siamo pronti a chiedere tutti i danni che ci saranno causati dall’essere esposti, in queste condizioni, a una epidemia così violenta e in una emergenza sanitaria che non può essere affrontata senza neppure gli strumenti di base. Si tratta infatti di danni alla persona e traumi psicologici provocati in conseguenza dell’esercizio della professione in condizioni di lavoro e ambientali non conformi alle norme vigenti”.
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Sono ore di tensione quelle che da ieri sera si stanno vivendo nell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari.
Un anziano paziente trasferito ieri in malattie infettive è purtroppo deceduto oggi portando a due il conto dei morti in Sardegna dall’inizio della crisi. L’altro paziente, è il giovane imprenditore isolato a Cagliari come primo caso che purtroppo, nonostante la sua giovane età (42) e settimane di lotta, non ce l’ha fatta.
L’anziano era invece ricoverato da una ventina di giorni nel reparto di cardiologia dell’Aou Sassari e da circa una settimana aveva sviluppato complicanze respiratorie resistenti alle terapie. La causa si è poi scoperta essere la positività al Covid-19 che nonostante il trasferimento in rianimazione prima e in malattie infettive poi, non ha dato scampo.
La notizia del tampone positivo ha immediatamente messo in moto tutte le procedure del caso al fine di isolare il reparto con i suoi operatori, ricostruire movimenti e contatti del personale infermieristico, con particolare attenzione a quello medico che in azienda è molto attivo con l’opera di visita e consulenza cardiologica ovviamente.
Tutti gli operatori e i ricoverati presenti al momento della notizia in reparto sono stati sottoposti al tampone risultando positivi. Attualmente il numero conterebbe 26.
Sulla base dell’esperienza in essere dei nosocomi che hanno già vissuto la stessa situazione, la direzione non ha potuto far altro che sigillare il reparto con gli operatori e i pazienti presenti all’interno e dichiararlo Covid+. Il personale rimasto fuori ha cominciato quindi ad essere contattato per essere informato della situazione ed eseguire i primi tamponi di rito ma qualcosa deve essere andato storto nelle comunicazioni. Nel piazzale del pronto soccorso si è infatti via via ingrossato un capannello di persone tra operatori e persone venute a contatto nei giorni scorsi col paziente che reclamavano l’immediatezza del controllo per tutti; il laboratorio ha però una capacità operativa che può soddisfare un tot di richieste ma in un tempo ben più ampio dell’immediatezza. Nonostante tutti indossassero le mascherine, l’assembramento ha creato qualche momento di ulteriore preoccupazione per via delle distanze minime che si sono pericolosamente ridotte nel momento in cui si prestava attenzione alle comunicazioni. “Tutti saranno sottoposti al controllo e nelle prossime ore dovremmo essere in grado di potenziare la capacità di analisi di più tamponi contemporaneamente” avrebbero riferito fonti aziendali.
Mentre la tensione di alcuni non si è ancora sciolta per non essere riusciti a sottoporsi subito al controllo e si amplifica tra tutti gli operatori per via degli ulteriori contatti potenzialmente avvenuti, i reparti di cardiochirurgia e rianimazione hanno subìto una importante opera di sanificazione e il personale attende ora di sapere come si intenda procedere.
La situazione imporrà ora una ridefinizione della strategia perchè la direzione aveva investito molto in questi giorni per tentare di difendere il presidio SS Annunziata e preservarlo a struttura Covid free; le attenzioni si erano via via innalzate arrivando al totale divieto di accesso, passando dal potenziamento del pre triage.
Il nemico era invece già dentro le mura e solo le indagini epidemiologiche riusciranno forse a far luce su come vi sia entrato.
Fausta Pilleri, segretaria territoriale del NurSind afferma: “La situazione nel reparto sta diventando insostenibile, le persone risultate positive al Covid- 19, ma asintomatiche, chiedono di essere mandate a casa, osservare la quarantena e ricevere le cure a distanza. Come rappresentante sindacale devo anche aggiungere e denunciare che avevo già scritto, per informarli, ai Dirigenti aziendali – tre settimane fa – del fatto che si sarebbe potuti arrivare a situazioni del genere qualora non ci si fosse attivati per sopportare la slavina che, infine, ci ha travolti. Ho scritto con preoccupazione per i colleghi e per le famiglie degli operatori sanitari e dei pazienti. A oggi è stato fatto poco e male. Oltre alla situazione descritta del reparto di cardiologia posso aggiungere le disfunzioni che si stanno creando anche nel pre-triage: la madre di tutti i problemi resta sempre la carenza di personale, che in più viene mandato in trincea senza neppure i dispositivi di protezione individuale consoni all’emergenza. E’ necessario un intervento immediato da parte dei vertici per colmare la carenza di personale e Soprattutto che i lavoratori vengano tutelati e dotati dei dispositivi di sicurezza che garantiscano la massima tutela e non la minima. All’interno dei blocchi operatori servono mascherine, tute, calzari impermeabili, mantelline e occhiali a ventosa. Siamo la categoria in prima linea e quella che sta subendo più contagi e paga lo scotto più grande di questa pandemia. Ci sentiamo disarmati e avviliti, chiediamo davvero un tempestivo intervento per uscire da questa situazione e garantire la salute pubblica.”
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(ANSA) – CAGLIARI, 13 MAR – “Un paziente psichiatrico arrivato al Pronto Soccorso dell’ospedale Sirai di Carbonia, due notti fa, accompagnato dai Carabinieri (che poi si sono dovuti spostare per servizio), è andato in escandescenza aggredendo il personale sanitario prima verbalmente, poi lanciando oggetti e infine fisicamente”. Lo denuncia, in una nota, Marco Zurru dirigente NurSind, sindacato delle professioni infermieristiche, della provincia di Carbonia – Iglesias.
Secondo il sindacalista un medico ha riportato “la frattura a una gamba”, un altro “contusioni alla spalla” a un infermiere “la distorsione di un dito della mano”. “Intanto, come se non bastasse, al pronto soccorso era contemporaneamente presente un altro paziente al quale è stato effettuato il tampone per sospetta positività al Coronavirus”. “E’ l’ennesimo grave episodio di aggressione verso il personale sanitario, che va a sommarsi alle quelle continue che subiscono ormai da tempo anche gli operatori della Struttura Psichiatrica. LEGGI QUI
(SARDEGNA LIVE)
“Un paziente psichiatrico è arrivato al Pronto Soccorso dell’ospedale Sirai di Carbonia – la notte tra l’11 e il 12 marzo – accompagnato dai Carabinieri, i quali poi sono dovuti andare via per effettuare altri interventi. Il paziente psichiatrico intanto è andato in escandescenza aggredendo il personale sanitario prima verbalmente, poi lanciando oggetti e infine aggredendo gli operatori sanitari fisicamente, provocando la frattura a una gamba di un medico, contusioni alla spalla a un altro medico psichiatra – chiamato dai medici del pronto soccorso per consulenza – e infine la distorsione di un dito della mano a un infermiere. Intanto, come se non bastasse, al pronto soccorso era contemporaneamente presente un altro paziente al quale è stato effettuato il tampone per sospetta positività al Coronavirus”. A denunciare questa situazione all’ospedale Sirai di Carbonia è Marco Zurru dirigente NurSind, sindacato delle professioni infermieristiche, della provincia di Carbonia – Iglesias.
“E’ l’ennesimo grave episodio di aggressione verso il personale sanitario, che va a sommarsi alle continue aggressioni che subiscono ormai da tempo anche gli operatori della Spdc (Struttura Psichiatrica Diagnosi e Cura) dello stesso ospedale – ha proseguito il rappresentante sindacale – in quanto l’intero nosocomio è sprovvisto di personale addetto alla sicurezza, come per esempio guardie giurate.
Inoltre, in questo momento di emergenza Coronavirus, l’infortunio di tre operatori sanitari va ad aggravare lo stato di emergenza e di organico.
Ecco perché, in qualità di dirigente NurSind, sindacato delle professioni infermieristiche Rsu Rls della Ats, voglio denunciare questa condizione insostenibile che si trovano a vivere gli infermieri, oggi più che mai esposti in prima linea. Gli infortuni provocati dalle aggressioni non possono che aggravare il fabbisogno di operatori sanitari: chiedo dunque alla dirigenza Ats di trovare soluzioni verso gli operatori, i quali non possono vivere l’angoscia di recarsi sul luogo di lavoro”. LEGGI QUI
(CAGLIARI PAD) LEGGI QUI
(CASTEDDU ONLINE) LEGGI QUI
(CORRIERE DI COMO) LEGGI QUI
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La carenza cronica del personale mette a rischio il sistema
«La nostra battaglia sindacale è una battaglia che riguarda tutti. La salute e le buone cure sono un diritto primario di ogni persona e di ogni cittadino. Per noi riuscire a mettere insieme tutte le parti intorno a un tavolo per discutere dei gravi problemi che riguardano il settore infermieristico in tutta l’isola è un primo passo». Parole di Fabrizio Anedda, coordinatore regionale del NurSind, al termine della tavola rotonda di ieri in Prefettura a Cagliari.
Politica assente
«Con grande rammarico abbiamo notato la pesante assenza della parte politica, come quella del presidente della Regione Christian Solinas e dell’assessore alla Sanità Mario Nieddu, ai quali avevamo rivolto l’invito a presentarsi al tavolo di conciliazione. Un’assenza che riteniamo pesante e indicativa della scarsa attenzione che si sta prestando alle rivendicazioni della categoria, e di conseguenza ai pazienti».
Stato d’agitazione
Il sindacato già da qualche settimana ha annunciato lo stato d’agitazione dei lavoratori e in una nota sottoposta all’attenzione della Giunta regionale e del Prefetto Bruno Corda sottolinea come la carenza di personale infermieristico, ostetrico e di supporto, con conseguente incongruo rapporto tra operatori e utenza che colpisce l’intera Sardegna, metta a rischio sia la salute del paziente ricoverato sia la buona riuscita di un intervento. «Per dare una idea concreta del problema, lo si può tradurre in un pratico esempio numerico: se per legge il rapporto dovrebbe essere 1 a 6, ovvero un operatore sanitario ogni sei pazienti, in Sardegna si toccano picchi di 1 a 25», ha sottolineato Anedda.
Protesta in piazza
«L’incontro di oggi non ha prodotto i risultati minimi sperati – ha detto Fausta Pileri, componente del direttivo nazionale NurSind e vicecoordinatore sarda – pertanto abbiamo intenzione di mobilitare tutto il personale infermieristico sanitario, con l’obiettivo di informare gli utenti sul progressivo declino del sistema sanitario, fanalino di coda in Italia per quanto attiene i livelli essenziali di assistenza. Oggi stesso ci riuniremo per prendere le decisioni sul prossimo futuro: non saremo complici di questo immobilismo politico e amministrativo, e se necessario scenderemo in piazza a manifestare per un diritto collettivo».
Francesca Melis