Ora mancano guanti e calzari: infermieri e Oss sono senza difese
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21/10/2020 – Covid 19 – Denuncia NurSind dopo il sopralluogo al Santissima Trinità di Cagliari
Dai balconi si è smesso di cantare da un pezzo, in compenso infermieri e Oss hanno ripreso a piangere in corsia: «Siamo allo stremo», dicono dai presidi ospedalieri di tutta l’Isola. Dove crescono contagi e proteste, ma diminuiscono i dispositivi di protezione. Così, a Nuoro, giusto per fare un esempio, raccontano di essere costretti a tagliare le maniche dei camici per ricavare i calzari. «Situazione ingestibile, invece di continuare a far proclami, la politica pensi a mettere in sicurezza operatori sanitari e pazienti», si accodano i sindacati. Supportati dalla relazione del blitz appena effettuato al Santissima Trinità. Diagnosi: codice rosso.
Allarme rosso
Due pagine fitte, scritte dopo il sopralluogo del responsabile della sicurezza del lavoro del NurSind (uno dei sindacati per le professioni infermieristiche) al pronto soccorso del presidio di via Is Mirrionis. Dove ieri mattina c’erano 47 pazienti in carico: 42 di questi positivi e cinque in attesa di tampone. Tra prolunghe di fortuna lunghe anche cinque metri, messe insieme per garantire l’ossigeno, barelle ammassate nei corridoi e attese interminabili che «hanno trasformato il Ps in reparto di degenza, senza averlo fornito di personale sufficiente», e dove «ci si contende un solo bagno e acqua e pasti scarseggiano», denuncia Fabrizio Anedda, segretario provinciale di Cagliari e coordinatore regionale. Mancano guanti delle giuste misure e manca personale nel reparto Infettivi, dove i problemi portati dal virus si aggiungono a quelli dei pazienti con patologie psichiatriche «ancora più difficili da gestire». Si fa quel che si può, dentro. Si finisce per misurare la saturazione dell’ossigeno a distanza, «aumentando il rischio per i pazienti che dovrebbero essere sottoposti a monitoraggio continuo», e si tirano su barricate fai-da-te, «con flaconi e quanto altro per tentare di delimitare la zona rossa». Così racconta chi tra quei corridoi combatte la sua battaglia quotidiana.
Dispositivi e proteste
Sembra un copione studiato a memoria, che si ripete in ogni presidio sardo. «Come stiamo? Disperati. Non sappiamo più cosa fare»: è l’amara confessione di un’infermiera dell’ospedale Marino di Cagliari. Dove il virus è entrato qualche giorno fa, e allo stato attuale «risultano 17 pazienti covid, due operatori sociosanitari e quattro infermieri positivi, due dei quali del pronto soccorso», elenca Anedda. «Non siamo stati protetti adeguatamente, alcuni pazienti sono stati trasferiti dal terzo al primo piano prima ancora di ricevere l’esito del tampone», racconta chi tra quelle corsie salva le vite mettendo a rischio la propria. E poi sembra che il nastro si riavvolga, portando indietro alla denuncia d’inizio pandemia per la carenza di dispositivi di protezione. Solo che – per ora – le mascherine ci sono, manca altro. «Al San Francesco di Nuoro ci segnalano la mancata consegna dei guanti», racconta Diego Murracino, dirigente regionale del Nursing-Up, il sindacato delle professioni sanitarie. «Insufficienti anche i calzari, tanto che qualcuno è stato costretto a ricavarli tagliando le maniche dei camici», rilancia Anedda. «Carenze che periodicamente si presentano in ogni ospedale», sottolinea il rappresentante del Nursing Up. Ed è una lista che va avanti a lungo e tocca un po’ tutta l’Isola.
Nel resto dell’Isola
Al Nostra Signora di Bonaria, a San Gavino, i positivi sono arrivati a quota quindici (tra operatori del Pronto soccorso e personale dei reparti di Ginecologia – Nido, Nefrologia e Dialisi); intanto «gli operatori del 118 sono costretti a cambiarsi all’aperto perché all’interno manca una zona grigia dove potersi togliere dispositivi anti Covid in sicurezza, così come in tanti altri presidi dove la cronaca recente dimostra che il virus circola», spiegano dal sindacato. Problemi che si sommano alle storiche carenze di personale («in molti casi l’organico è sottodimensionato del trenta per cento», sottolinea Murracino. Alcune delle ragioni che porteranno il Nursing Up ad aderire allo sciopero nazionale del 2 novembre, «saranno garantite solo le prestazioni minime». Un giorno nero per la sanità sarda già al collasso.
Sara Marci